CESARE PAVESE
23 nov.
L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità – si vorrebbe morire.
È per questo che quando una situazione dolorosa si ripropone identica – appaia identica – nulla ne vince l’orrore.
Il principio suddetto non è poi da viveur. Perché c’è più abitudine nell’esperienza ad ogni costo (cfr. il brutto “viaggiare ad ogni costo”), che nella normale rotaia accettata doverosamente e vissuta con trasporto e intelligenza. Sono convinto che c’è più abitudine nelle avventure che in un buon matrimonio. Perché il proprio dell’avventura è di serbare una riserva mentale di difesa; per cui non esistono buone avventure. È buona quella avventura a cui ci si abbandona: il matrimonio insomma, magari di quelli fatti in cielo.
Chi non sente il perenne ricominciare che vivifica un’esistenza normale e coniugata, è in fondo uno sciocco che, quantunque dica, non sente nemmeno un vero ricominciare in ogni avventura.
La lezione è sempre una sola: buttarsi a capofitto e sapere portare la pena. E’ meglio soffrire per aver osato far sul serio che to shrink (o to shirk?). Come nel caso dei figli: lo vuole del resto la natura, e dare indietro è vile. Alla fine – e si è visto – si paga più cara.
Cesare Pavese da “Il mestiere di vivere”
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