Παρασκευή 8 Ιανουαρίου 2021

PARADISO, CANTO 25

 


DANTE ALIGHIERI

 

PARADISO, CANTO 25

 

Se mai continga che ’l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
sì che m’ha fatto per molti anni macro,

 

vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bello ovile ov’ io dormi’ agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;

 

con altra voce omai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prenderò ’l cappello;

 

però che ne la fede, che fa conte
l’anime a Dio, quivi intra’ io, e poi
Pietro per lei sì mi girò la fronte.

 

Indi si mosse un lume verso noi
di quella spera ond’ uscì la primizia
che lasciò Cristo d’i vicari suoi;

 

e la mia donna, piena di letizia,
mi disse: «Mira, mira: ecco il barone
per cui là giù si vicita Galizia».

 

Sì come quando il colombo si pone
presso al compagno, l’uno a l’altro pande,
girando e mormorando, l’affezione;

 

così vid’ ïo l’un da l’altro grande
principe glorïoso essere accolto,
laudando il cibo che là sù li prande.

 

Ma poi che ’l gratular si fu assolto,
tacito coram me ciascun s’affisse,
ignito sì che vincëa ’l mio volto.

 

Δεν υπάρχουν σχόλια:

Δημοσίευση σχολίου