TUDOR ARGHEZI
INCERTEZZA
Pende alla mia finestra
l’erba azzurra del cielo.
Come lungo mille fili
scendono infinite stelle.
l’erba azzurra del cielo.
Come lungo mille fili
scendono infinite stelle.
L’anima è una spugna
che assorbe le lacrime – lenti
delle stelle – ad una ad una,
bianche lucenti e tremanti.
che assorbe le lacrime – lenti
delle stelle – ad una ad una,
bianche lucenti e tremanti.
La lanugine della mia tristezza
si avvolge di notte alla tristezza,
le ciglia di Dio
cadono nel mio calamaio.
si avvolge di notte alla tristezza,
le ciglia di Dio
cadono nel mio calamaio.
Apro il libro: il libro si
lamenta.
Cerco il tempo: non c’è tempo.
Vorrei cantare: non canto, esisto,
sembra che io sia e non esisto più.
Cerco il tempo: non c’è tempo.
Vorrei cantare: non canto, esisto,
sembra che io sia e non esisto più.
Il mio pensiero, di chi è
pensiero?
In quale racconto o idea
mi viene alla mente che, forse,
ho fatto parte di tutto?
In quale racconto o idea
mi viene alla mente che, forse,
ho fatto parte di tutto?
Scrivo qui, curvo, senza
memoria
ascoltando la voce strana
dello stagno e del frutteto
e firmo:
Tudor Arghezi.
ascoltando la voce strana
dello stagno e del frutteto
e firmo:
Tudor Arghezi.
Da: Tudor Arghezi (Mondadori, 1966), traduzione italiana Salvatore
Quasimodo.
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