PIER PAOLO
PASOLINI
NUOVE QUESTIONI
LINGUISTICHE
L’italiano è una
lingua che ha una doppia identità: strumentale e letteraria.
Infatti non esiste una vera e propria lingua nazionale.
L’utente medio di questa lingua, il borghese o piccolo borghese italiano,
usa entrambe le tipologie, quando parla e quando scrive.
L’italiano è una lingua non-nazionale, che copre un corpo storico-sociale
frammentato, sia in senso diacronico che orizzontale (le differenze regionali).
Su questo si proietta la lingua scritta insegnata a scuola, che deriva da
quella letteraria, e quindi è artificiale, pseudo-nazionale.
La lingua italiana è la lingua della borghesia nazionale, che per ragioni
storiche non si è mai identificata con la nazione, ma è rimasta classe sociale.
Il rapporto degli scrittori con
l’italiano medio è caratterizzato da due possibilità:
Un adeguamento e una congenialità
dello scrittore, che non produce valore.
Un’impossibilità o infrequentabilità, che genera lo scarto di valore.
Se collochiamo
l’italiano medio su una linea, troviamo che su questa linea si colloca la
letteratura puramente scolastico-accademica (ma anche la retorica
fascista-clericale, l’intrattenimento e l’evasione). Mentre le opere di valore
stanno comunque sopra o sotto questa linea:
Sulla linea inferiore troviamo i
dialettali e i naturalisti o veristi di origine verghiana
Sulla linea superiore troviamo
quasi tutti i maggiori scrittori del novecento italiano
Al livello più alto stanno gli ermetici, che però nella loro
operazione di rifiuto del linguaggio medio operano un recupero classicista che,
lungi dall’essere rivoluzionario, è addirittura reazionario.
Ad un livello inferiore vi sono
opere “iperscritte” in cui il mito non è quello della poesia, ma quello della
vita storica, portata agli estremi di una grande tensione letteraria
(Vittorini).
Scendendo ancora si incontra il
livello dell’ermetismo casalingo e del dannunzianesimo ironizzato (Cardarelli).
Ad un livello ancora più vicino
alla media si trovano gli scrittori “nostalgici” alla Cassola e Bassani, molto
vicini ideologicamente alla borghesia.
Sotto ancora vi sono scrittori
meno raffinati stilisticamente come Soldati.
Moravia ha un rapporto curioso
con l’italiano medio: da una parte lo riconosce e lo disprezza come lingua
della borghesia, dall’altra lo utilizza come strumento neutro, lo europeizza
trascurandone alcuni aspetti tipici.
Elsa Morante occupa tutti i
livelli sopra la linea media: utilizza l’italiano come lingua a disposizione al
momento per esprimersi, ignorandone tutti i tratti storici e stilistici.
Tutti questi autori in ogni caso
sono organici alla classe borghese, le loro ambientazioni e i loro personaggi
sono borghesi. Essi quindi possono
identificarsi pienamente e porre le condizioni per un discorso indiretto
libero. Se i personaggi sono popolari, il loro linguaggio è appena inferiore a
quello dello scrittore.
Un caso a parte è quello di Gadda, che riesce ad identificarsi pienamente
con i suoi personaggi popolari, e ne utilizza il linguaggio dialettale per fini
espressivi “alti”.
Partendo dallo sperimentalismo gaddiano, un’altra corrente letteraria degli
anni cinquanta puntava, piuttosto che all’espressività, a raggiungere una
maggiore oggettività, a far conoscere alla nazione un mondo sociologico e
psicologico sconosciuto.
Ma oggi si riconosce che i tentativi di costruire una lingua nazionale
attraverso la letteratura sono destinati a fallire. Il mondo letterario oggetto
di rivisitazione polemica negli anni cinquanta non esiste più, e l’operazione
di contaminazione linguistica con i dialetti sembra già superata dalla
diminuita importanza di questi ultimi.
Questa crisi è forse sintomatica della “fine del mandato” dello scrittore, del suo impegno sociale
Già alla fine degli anni cinquanta c’erano
avvisaglie, sia nella reazione “puristica” di alcuni scrittori napoletani che
nelle operazioni nostalgico-borghesi di Cassola e Bassani.
Una certa vitalità apparente sembrano avere le avanguardie, che non sono
semplici riproposte di quelle primonovecentesche, per due motivi:
Le avanguardie
classiche ponevano un proprio modello stabile di società in conflitto con un
altro modello, altrettanto stabile. Le avanguardie dei sessanta invece si
pongono contro una situazione “prefutura”, sono messianiche.
Le avanguardie classiche facevano comunque letteratura e usavano strumenti
letterari. Quelle dei sessanta invece si pongono verso la letteratura da una
base linguistica: vogliono ridurre a zero la lingua e i suoi valori.
Ci si trova dunque in un momento di vuoto culturale, in cui ogni autore
segue il suo sentiero individuale, verso un’area particolare, linguistica o
conservatrice.
Si tratta quindi di trovare le ragioni sociologiche della crisi.
Si deve notare innanzitutto che il linguaggio della critica, oggi, non
dipende più dal latino, o dagli studi filosofici, ma dai linguaggi della
scienza e della tecnica.
La linguistica inoltre impone l’idea del linguaggio come
strumento.
Il linguaggio giornalistico si sta avviando
verso una certa standardizzazione legata ad un modello comunicativo che
presuppone un’opinione pubblica media di elevato tenore razionalistico e quindi
anti-espressiva. L’accento
sulla comunicazione elimina tutti quei tratti espressivi che verrebbero
scartati dal lettore medio.
Il linguaggio televisivo è ancora più selettivo e orientato alla
comunicazione, con un alto grado di normatività di grammatica e lessico che
esclude ogni espressività.
Addirittura il reticolato delle frasi tipiche di un telegiornale, con la
sua monotonia e ripetitività, viene già preso a modello come esempio di parlato
serio, e contagia anche il linguaggio politico
Il linguaggio tecnologico della civiltà industrializzata ha preso in pratica
il posto del latino nell’osmosi con l’italiano, sia nel linguaggio letterario
che in quello politico.
L’intervento della tecnologia
però, con l’enfasi sulla comunicazione, tende ad omologare tutti i linguaggi.
Anche il linguaggio
pubblicitario, che parte espressivo, diventa monotono e comunicativo con la
ripetizione ossessiva (espressività di massa).
Questa tecnicizzazione sta
portando anche al superamento del dualismo italiano parlato/italiano
letterario.
La lingua tecnico-scientifica non
si allinea secondo la tradizione con tutte le stratificazioni precedenti, ma
funge come omologatrice delle altre stratificazioni, o come modificatrice
all’interno dei linguaggi.
Tutto ciò principalmente per esigenze politico-economiche. E’ infatti la
nascente tecnocrazia del Nord che, a differenza della vecchia borghesia, si
identifica con l’intera nazione, ed elabora un nuovo tipo di cultura e di
lingua effettivamente nazionali.
Il centro di irradiazione della lingua nazionale si è spostato dopo il
primo dopoguerra da Roma-Napoli alle città del nord, Torino-Milano. Questo in
quanto è il nord che possiede il patrimonio linguistico tecnico-industriale. E’
la rivincita dei periferici, dell’Italia reale su quella retorica.
Il nuovo italiano avrà principalmente queste caratteristiche:
Una certa
propensione alla sequenza progressiva, con una maggiore fissità dei diagrammi
delle frasi e la caduta di molte allocuzioni concorrenti. In pratica un
impoverimento della disponibilità di forme.
La cessazione dell’osmosi con il latino.
Il prevalere del fine comunicativo su quello espressivo. L’italiano non
sarà più lingua letteraria, quindi espressiva, ma diventerà comunicativa.
I cambiamenti della società sono quindi ovviamente alla base della crisi
letteraria, che sta aspettando che passi il periodo di transizione. Solo quando
si sarà preso coscienza della reale rivoluzione linguistica in atto, lo
scrittore potrà ritrovare la sua funzione, il suo “mandato”.
Per gli scrittori italiani la sfida sarà quella di imparare l’abc di una
nuova lingua, non temendo la concorrenza del linguaggio tecnico e anzi
appropriandosene.
E naturalmente il fine della lotta sarà l’espressività linguistica, che
verrà a coincidere con la libertà dell’uomo rispetto alla sua meccanizzazione.
Δημοσιεύθηκε στην
επιθεώρηση Rinascita στις 26 Δεκεμβρίου
1964.
Αναδημοσιεύθηκε στο βιβλίο: Pier Paolo Pasolini, Empirismo eretico, Aldo Garzanti Editore, Milano 1972.
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