ATTILIO BERTOLUCCI
I GABBIANI
Non avevo mai visto gabbiani sulle rive del
Tevere
cangianti in questa fine d’inverno le penne e le acque.
cangianti in questa fine d’inverno le penne e le acque.
Mi sono appoggiato al granito come fanno
quelli
che vegliano sulla propria vita o morte usando
che vegliano sulla propria vita o morte usando
un’intenta pazienza ma i miei occhi distratti
seguivano le planate rapinose degli uccelli plumbeoargentei
seguivano le planate rapinose degli uccelli plumbeoargentei
sino a che furono sazi i ventri affusolati i
becchi
già risplendendo su altri flutti a un sole diverso
già risplendendo su altri flutti a un sole diverso
per il procedere inevitabile del tempo le
mie
pupille stanche e ancora voraci ormai volte
pupille stanche e ancora voraci ormai volte
sull’emporio mobile delle vie popolose di Roma
alla cerca disperata nell’ora dell’ipoglicemia
alla cerca disperata nell’ora dell’ipoglicemia
d’un alimento improvviso soltanto a me noto
in una rivelazione gioiosa e sterile nell’ombra-luce
in una rivelazione gioiosa e sterile nell’ombra-luce
sanguigna da attici e cornicioni meridiani
fumigando sui colli i rami verdi della potatura
fumigando sui colli i rami verdi della potatura
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