GIOVANNI
RABONI
CANZONETTE
MORTALI
Io che ho
sempre adorato le spoglie del
futuro
e solo del futuro, di
nient’altro
ho qualche volta nostalgia
ricordo
adesso con spavento
quando alle
mie carezze smetterai di bagnarti,
quando dal
mio piacere
sarai divisa
e forse per bellezza
d’essere
tanto amata o per dolcezza
d’avermi
amato
farai finta
lo stesso di godere.
Le volte
che è con furia
che nel tuo
ventre cerco la mia gioia
è perché,
amore, so che più di tanto
non avrà
tempo il tempo
di scorrere
equamente per noi due
e che solo
in un sogno o dalla corsa
del tempo buttandomi giù prima
posso fare
che un giorno tu non voglia
da un altro
amore credere l’amore.
Un giorno o
l’altro ti lascio, un giorno
dopo
l’altro ti lascio, anima mia.
Per gelosia
di vecchio, per paura
di perderti
– o perché
avrò smesso
di vivere, soltanto.
Però sto
fermo, intanto,
come sta
fermo un ramo
su cui sta
fermo un passero, m’incanto…
Non questa volta, non ancora.
Quando ci
scivoliamo dalle braccia
è solo per
cercare un altro abbraccio,
quello del sonno, della calma –
e c’è
come fosse
per sempre
da pensare
al riposo della spalla,
da aver
riguardo per I tuoi capelli.
Meglio che
tu non sappia
con che
preghiere m’addormento, quali,
parole
borbottando
nel quarto
muto della gola
per non
farmi squartare un’altra volta
dall’avido
sonno indovino.
Il cuore
che non dorme
dice al
cuore che dorme: Abbi paura.
Ma io non
sono il mio cuore, non ascolto
né do la
sorte, so bene che mancarti,
non
perderti, era l’ultima sventura.
Ti muovi
nel sonno. Non girarti,
non vedermi
vicino e senza luce!
Occhio per
occhio, parola per parola,
sto
ripassando la parte della vita.
Penso se
avrò il coraggio
di tacere,
sorridere, guardarti
che mi
guardi morire.
Solo questo
domando: esserti sempre,
per quanto
tu mi sei cara, leggero.
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