SALVATORE QUASIMODO
Là dura un vento che ricordo acceso
nelle criniere dei cavalli obliqui in
corsa lungo le pianure, vento che
macchia e rode l’arenaria e il cuore dei
telamoni lugubri, riversi sopra l’erba.
Anima antica, grigia di rancori, torni
a quel vento, annusi il delicato
muschio che riveste i giganti sospinti
giù dal cielo. Come sola allo spazio
che ti resta! E più t’accori s’odi
ancora il suono che s’allontana largo
verso il mare dove Espero già striscia
mattutino: il marranzano tristemente
vibra nella gola al carraio che risale
il colle nitido di luna, lento tra il
murmure d’ulivi saraceni.
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