ROBERTA DAPUNT
EPISTASSI
Piange sottovoce il sangue,
violenta al risveglio un’asfissia di sonno.
Pesa poco l’immensità versata, è ritmo di poca virtù.
Duole la cadenza delle tempie, a favore di questa miseria
indifferente
che esce dal mio naso. Che esce.
Guardo ed è rossa vita senza storia, la mia esposta
all’aria.
violenta al risveglio un’asfissia di sonno.
Pesa poco l’immensità versata, è ritmo di poca virtù.
Duole la cadenza delle tempie, a favore di questa miseria
indifferente
che esce dal mio naso. Che esce.
Guardo ed è rossa vita senza storia, la mia esposta
all’aria.
Io credo di poter vedere in
questo una serena illusione,
e sono grata al corpo e a ciò che questo incarnato bagaglio
ancora può nell’universo dei versi:
esce in questo sangue il meglio di me.
e sono grata al corpo e a ciò che questo incarnato bagaglio
ancora può nell’universo dei versi:
esce in questo sangue il meglio di me.
la libertà del bene che esce. Che esce e finisce in terra
dritto sangue e senza esitare si conclude. In terra.
Così anche il resto di me che cade, si rivolge al suolo
questo corpo,
facile orizzonte davanti a me.
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